Greetings from San Diego – I ballerini
Dall’altra parte di Old Town non si sentono i mariachi; c’è invece questo trio jazz, batteria, basso e xilofono. Sono bravi, anche se si sono dati un nome sciagurato – The Jazz Pigs -, o forse fanno semplicemente la musica giusta al momento giusto per le persone giuste, che in fondo è tutto ciò che si può e si deve chiedere. Saremo in tutto una decina ad ascoltarli, chi seduto su improbabili sedie pieghevoli, chi – come me – appoggiato sulla pietra che ricorda dove è stata piantata per la prima volta la bandiera stelle-e-strisce nella California del Sud, anno domini 1846. Si alza una coppia, e improvvisamente tutta l’attenzione si riversa su di loro: avranno entrambi una settantina d’anni, e sono vestiti come gemelli – lo stesso giubbotto giallo, la stessa camicia viola, gli stessi pantaloni bianchi, le stesse scarpe gialle. L’unica differenza viene fatta dagli orecchini di lei e dal cappello da baseball di lui. Gialli, ovviamente. Si mettono a ballare, e quelle che sembravano due statue di Madame Tussauds – i classici pensionati americani – iniziano a muoversi leggeri, lei con la mano sulla spalla di lui, lui che detta i tempi e i movimenti. Non posso dire che siano bravi; ma da quella bolla spaziotemporale che, muovendo il primo passo, hanno creato dal nulla emanano una certa strana allegria, una levità svagata e sorprendente. Finisce il pezzo, noialtri applaudiamo tanto loro quanto i musicisti, loro applaudono il trio, lei tira fuori dalla tasca del giubbotto una digitale e scatta una foto ai tre sul palco. Riprende la musica mentre sto imboccando l’uscita secondaria di Old Town, quella che dà sulla stazione del trolley che porta a downtown; non mi volto, ma sono certo che si sono alzate ancora, le due statue di cera che si amano al punto da vestirsi uguali sfidando ogni senso del ridicolo, e adesso stanno ballando, e la gente le guarda quelle due statue di cera, e le invidia anche se non lo ammetterà mai.