And the winner is
Anche se è una tentazione ogni giorno forte come il giorno precedente, è da tanto tempo che ho rinunciato a ritenere il microcosmo che in qualche modo frequento rappresentativo dell’universo mondo; per questo non mi sono stupito quando l’altra sera questo pezzo di Ilenia è stato premiato come il post dell’anno in occasione della BlogFest. Una gran parte del mio microcosmo, e io non facevo differenza, sperava che quella manciata di righe venisse premiata; non perché un premio – quel premio – fosse una Superiore Attestazione, un qualcosa dal valore assoluto, la Prova Provata della Qualità e della Bravura: siamo tutti abbastanza adulti e cinici per non credere in queste sciocchezze. Piuttosto perché a volte capita che qualcuno scriva per te, e usi le sue parole per esprimere qualcosa che hai dentro, che ti senti, che sentono tanti – forse tutti – anche se non è bello ammetterlo (chissà poi perché, quasi fosse una colpa). Raccontare di certe cose significa avventurarsi in un terreno minato: la melassa, la pornografia dei sentimenti, l’esibizionismo ammantato di bontà – bum, bum, bum. C’è chi pensa che non vi sia salvezza, che non si possa e non si debba raccontare di morte, di amore, di sentimenti, di genitori e di figli, di dolore, di malattia, c’è chi pensa che tutto questo sia talmente privato da essere irrimediabilmente sporcato se diventa pubblico. Io non credo che sia così, io credo a quelle poche parole di Garcìa Marquez – “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla” – e sono così ingenuo da credere anche alla capacità purificatrice del talento, ammesso che vi sia qualcosa di impuro da mondare dai peccati di superbia e di mancanza di pudore. Potrei fare mille esempi, Levi, Eggers, Roth. Immagino che apparirebbe stupido e sproporzionato usarli per parlare di un post in un blog, e allora non lo farò, dirò solo che sono stato contento, per Ilenia ma non solo, e che ogni tanto toccare quel che di umano abbiamo tutti fa solo bene, anche se mostrarlo non è cool.