In riunione
E’ un periodo un po’ così, sono settimane che passiamo metà del nostro tempo in riunione. Nuova struttura, nuovi uffici, nuovi processi. Nuovi colleghi, almeno in parte. Ci sono giorni che passi in questo modo sei, sette ore, e intanto devi tenere a mente il lavoro di tutti i giorni, quello per il quale sei pagato, per il quale sei stato assunto. Da una parte hai quella specie di eccitazione delle cose nuove, nelle quali – poco o tanto – puoi mettere mano. Dall’altra hai la stanchezza crescente del fisico – fa caldo, fa un dannato caldo, e oggi sei a Pesaro, dopodomani a Venezia, Corso Buenos Aires, Francoforte, Segrate, Roma, a che ora ci vediamo, per me sarebbe meglio la prima mattina, va bene allora facciamo alle diciassette, ma sei impazzito mi hai mandato un messaggio all’una e mezza di notte per dirmi che domani è meglio se mettiamo la giacca – e della testa, che a colazione ti rendi conto che hai il cucchiaio pieno di cereali fermo davanti alla bocca e il cervello che pensa alle cose da fare tre quarti d’ora dopo, e una parte di esso sta dicendo ragazzi, che anno che è stato, e non è finito. Ci sono riunioni che iniziano tranquille e finiscono altrettanto, dai così mi piace, bel lavoro, altre che la gente si siede con l’aria del condannato a morte e dopo cinque minuti potresti disegnare i cavi dell’alta tensione che passano sopra il tavolo di cristallo. Niente di nuovo, niente di particolare, niente di strano, ho visto di peggio e c’è chi sta peggio. Solo, se avvertite un po’ di nervosismo, sapete perché. Adesso andiamo a berci un caffè, già che ci siamo parleremo di cose che ci sono rimaste in arretrato, voi non abbiatevene a male.