Pozdrav z Prahy – 3. Rumore, rumore
Giro per questi luoghi come il Bill Murray di Lost in Translation: mi guardo intorno e cerco di intuire, senza capire una sola parola di quanto vedo e leggo, se scritto in idioma indigeno. Qualche sera fa, a Varsavia, leggevo una targa dove le uniche parole che avevano un significato erano Marie-Curie Sklodovska: ma se quella era la sua casa natale o la scuola dove si era diplomata, questo rimane per me ancora un mistero. E qui le cose non migliorano, visto che anche il ceco si presenta come una terrificante accozzaglia di consonanti giustapposte casualmente: mentre cenavo, leggevo i cartelli che – immagino – illustravano la vecchia fabbrica di birra: per intenderci, questo: oblibu peniveho moku muzeme prokazat u nekohka generaci prazanu, ovsem zatinco dnes u leckoho kvantita ntezi nad kvalitou nasi breakove byili taki znalci eccetera.
February 14th, 2007 at 11:33
Sul ceco sono un po’ debole, ma con il polacco posso contare su un buon aiuto, visto che mia moglie è cittadina americana ma è nata a Varsavia.
Tariffe modiche 😉
February 14th, 2007 at 12:34
me lo mandi, un bacione a praga…. ho di “lei” un ricordo speciale, i miei 17 anni, la mia prima tournée lunga, e seria, col moroso al seguito (stessa stanza!), e suoni e colori e sapori… ho tanto amato quella città.
Si, una piccola vienna, per niente snob però. Colma di passione.
February 14th, 2007 at 13:52
Birra, se non ricordo male, si dice “pivo”. Il resto, a gesti.