Stories of the Bund – Ci vediamo presto
Ci sono sere che si fa tardi in ufficio, e nonostante questo nessuno ha voglia di tornare a casa, forse perché i posti dove viviamo case lo sono ma non fino in fondo, per tutti c’è un fondo di provvisorietà che li rende posti dove andare a dormire, a riposarci, ma non proprio a vivere – ed è così anche per quelli che io sull’Italia ci ho messo una croce sopra, figurati per chi sa di rientrare fra uno o tre mesi. Così si cerca un posto per bere qualcosa e il problema è trovarne uno che abbia sei sgabelli e un tavolo, poi si sta lì, a fare quattro chiacchiere, la realtà è che questa, fino a quando non si prendono delle decisioni definitive o almeno a lungo termine sul futuro, è una vita da naufraghi e i colleghi sono le ciambelle di salvataggio, poi quando si riuscirà a toccare nuovamente terra allora chissà. E’ l’ultimo giorno di lavoro di una dei sei; si dicono le solite cose, un po’ scherzando e un po’ no, come farete senza di me, vedremo di sopravvivere, quando ritorno usciamo a cena. Improvvisamente, e senza un motivo, si fa silenzio, perché il locale si è svuotato e i sei sono come le stelle del Roxy Bar, ognuno col suo viaggio ognuno diverso e ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi. Uno dei sei, non importa chi, mormora mah, mi sa che mi toccherà diventare grande, che in altre situazioni è una frase che si presterebbe ad amichevoli prese in giro, sarebbe anche ora, siamo diventati tutti filosofi stasera, dovresti bere di meno, e invece le parole scorrono ma non se ne vanno – poi si chiede il conto, si passano altri cinque minuti sul marciapiede fumando le ultime sigarette, in attesa di un taxi, allora ragazzi vi saluto, un bacio per guancia, un abbraccio con chi ha passato più tempo insieme, ci vediamo presto.