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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    30/03/2013

    Greetings from Mutianyu – La Grande Muraglia

    Filed under: — JE6 @ 18:09

    Ci sono posti che hai nel cuore fin da quando eri bambino. Senza un motivo particolare, magari: una favola, un racconto, un film visto insieme a papà, un giornale sfogliato dal barbiere in attesa di salire sul sedile con il cavallo di ferro, una fotografia sul sussidiario. Sono i posti che hai persino timore di vedere, quando ti capita l’occasione di metterci piede per davvero: hai paura che non corrispondano ai tuoi sogni, che siano troppo inferiori a quanto hai immaginato per una vita. Per me la Grande Muraglia Cinese era uno di questi posti, e questa mattina quando siamo saliti sulla macchina che ci portava a Mutianyu avevo proprio quel timore – l’orda di turisti, le pattumiere a cielo aperto, le montagne dalle quali non arrivano i cavalieri mongoli all’assalto dell’impero, i banchetti che vendono le magliette “I have climbed the Great Wall of China” a tre euro l’una. Poi ho trovato tutto questo (tranne le pattumiere a cielo aperto: di quelle era costellata la strada fin da Pechino, ma sono sparite una volta iniziata la salita verso le torri di avvistamento), e ho trovato una giornata di sole velato e di aria fredda, le montagne brulle, i saliscendi spaccagambe, il cielo infinito, le pietre grigie, e uno dei desideri di un bambino con i capelli bianchi.

    Greetings from Beijing – Suprema Armonia

    Filed under: — JE6 @ 11:00

    Ci sono luoghi che riescono a restare magnifici nonostante le orde di visitatori che li assaltano, come se avessero dentro una forza particolare che non sai dire da dove viene – la bellezza estetica, la storia che gli sta alle spalle, la solidità dei materiali, la sacralità che li ha riempiti giorno dopo giorno lungo secoli e millenni, vai a sapere. La Città Proibita è uno di questi. Riesco a passarci dopo un appuntamento di lavoro e prima di un altro, ci vorrebbe un giorno o una settimana per poterla vedere tutta e io, come chiunque, ci sto un’ora o due ripromettendomi di tornarci una volta nella vita e sapendo che invece questo probabilmente non succederà. Ma in fondo non importa più di tanto, non importa essere uno dei milioni di pesci che dal marciapiede che dà su Tian’anmen vengono incanalati nel fiume che passa sotto le grandi porte dopo aver scattato mille foto tenendosi il ritratto di Mao alle spalle, non importa trovarsi tra una comitiva croata e una dello Yunnan, non importa sfuggire ai venditori di cappelli e bandierine (per poi comprarli, e con la felicità di un bambino), non importa niente di tutto questo quando ti trovi di fronte il Palazzo della Suprema Armonia – non c’è più gente, non ci sono più rumori né macchine fotografiche, c’è solo qualcosa di meraviglioso che non riesci a farti stare tutto negli occhi, qualcosa che non dimenticherai più.

    Greetings from Beijing – Un altro paese

    Filed under: — JE6 @ 10:30

    Passare da Shanghai a Pechino è come andare da Barcellona a Francoforte, un po’ per il clima, un po’ per l’aria che ci respiri – da una parte i bon vivant, dall’altra quelli che se non ci fossimo noi a tenere in piedi la baracca. Ma sono solo sensazioni: qui ci sono meno colori, meno grattacieli e più grandi palazzi, moltissime bandiere nazionali, le strade sono lunghissime larghissime e drittissime, il traffico è sempre pesante ma molto meno schizofrenico. E’ un altro paese, come Milano è altro da Roma e Torino è altro da Napoli, ed è lo stesso paese nell’inurbazione, nel modo di trovare una soluzione ai problemi che l’approssimazione eletta a stile di vita necessariamente va a creare, nella scelta di prendere alcuni pezzi di Occidente, comprarli e usarli ostentandoli e prenderne altri, comprarli e svuotarli per renderli propri senza che questo sia troppo evidente. In diversi mi hanno detto, facendo il confronto con Pechino, “ah, ma Shanghai non è Cina”. Io mi guardo intorno e cerco di capire come una città, per quanto più grande della Campania, possa essere altro e più di una città, mi chiedo cosa significhi “essere Cina” quando quelle quattro lettere indicano un miliardo e mezzo di persone, cinquanta e passa etnie diverse con le loro lingue, culture, tradizioni, climi: è che abbiamo sempre bisogno di semplificare per non perdere la testa, per illuderci di avere le cose sotto controllo almeno nella nostra testa; la verità è che non sappiamo mai niente delle vite che stanno fuori da quelle che compongono i  nostri microcosmi, figurati quando di vite, nei tuoi dintorni prossimi, ce ne sono venti milioni.