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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
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    25/01/2006

    Venghino, signori, venghino

    Filed under: — JE6 @ 10:26

    ti dirò. domenica la fiamma è passata per la mia città. ora, io credo di essere una persona mediamente civile e tollerante. ma dopo le ragazze pon-pon che distribuivano bandierine, dopo i ragazzini in motoretta che distribuivano gadget, dopo il camioncino discoteca che scaldava la piazza, dopo i camion urlatori che scaricavano bandierine, gadget e lattine di bibita nel casino più totale e l’estasi della gente che mi stava intorno… beh, guarda, mi sarei avventato io stesso sulla fiamma per far finire quel delirio assurdo.
    e forse i disobbedienti esagerano e si fermano al dito perdendo di vista la luna. ma magari è tutto l’insieme ad aver perso di brutto la misura. è una brutta gara a dare il peggio di sé.

    Ho seguito un due-tre volte il Giro d’Italia (Mortirolo, Cuvignone), e confermo quello che scrive Sergio Maistrello nei commenti al post di ieri. E’ tutto splendido – la gente, le tende, il vino, le risate, la pioggia, il sole – fino a quando non arriva la famigerata carovana-del-giro. Un circo Barnum molto simile a quello descritto da Sergio, che si snoda per un paio d’ore, fino a pochi minuti prima dell’arrivo dei ciclisti. Una cosa che ti fa passare ogni poesia, una Disneyland della quale le migliaia di persone assiepate in attesa della maglia rosa non sentono alcun bisogno.
    Provi poi a ragionarci sopra, ti dici che le Olimpiadi, il Giro, i Mondiali di calcio stanno in piedi perchè ci sono i soldi della televisione, degli sponsor, del merchandising; ti dici, insomma, che quell’orgia di decibel e colori non è altro che il prezzo che stai pagando per vedere lo spettacolo. Sai che è vero, ma ti chiedi se il tutto non potrebbe essere meno pesante, invadente, urlato. Si chiama senso della misura, e forse lo abbiamo perso tanto tempo fa.

    Andere Destination

    Filed under: — JE6 @ 09:04

    In Alto Adige, per la precisione a Merano, ho trascorso undici mesi della mia vita, ai tempi nei quali i giovani virgulti del Paese prestavano servizio militare nell’esercito della Repubblica.
    Depurando la valutazione dalla nostalgia per la gioventù e dai brividi causati dal freddo notturno, questa richiesta fatta al governo austriaco da 113 sindaci della provincia di Bolzano non mi sorprende per nulla.
    Nel 1990, la televisione del corpo di guardia del Terzo Gruppo Squadroni “Savoia Cavalleria” era sintonizzata su due canali: la ZDF tedesca e la ORT austriaca. Gli indigeni, in massima parte, leggevano un foglio di nome “Dolomiten”, scritto in tedesco con la testata in caratteri gotici. Avevo un compagno di stanza, lontano parente di un famoso sciatore, che non parlava l’italiano – e lo capiva pochissimo. Nella piazzetta di Schenna, pochi chilometri sopra Merano, una cassetta della posta era stata dedicata, mediante l’apposizione di lettere adesive, alla corrispondenza verso Deutschland; e quella a fianco, invece, alla corrispondenza verso Andere Destination. A Lana, amena località della Val Venosta, un buon numero di bar non serviva chi si fosse azzardato a fare ordinazioni in lingua italiana. Ai tempi, le targhe avevano ancora la sigla della provincia: e tutto ciò che non era BZ era Italia. Insomma, niente di nuovo sotto il sole.