Il Gino non è in grado di parlare italiano.
Ci prova, si impegna, ma dopo quattro parole torna a O mia bela madunina. Se gli piazzi uno striscio col taglio a tenere, uno di quei colpi che lui proprio non sa fare, ti salta in testa che sembra Carlo Porta ubriaco.
Non è un gran biliardista, il Gino. Eppure, è un’autorità, giù dalle parti dei tavoli. Sarà perchè ogni tanto si mette la giacca, sarà perchè arriva sempre in macchina – un’Alfa 33, ma almeno lui ce l’ha – o perchè ha una figlia laureata, sarà perchè nessuno l’ha mai visto senza il borsello, ma il Gino si distingue da tutti gli altri.
Non dà confidenza ai giovani, anzi, li guarda con fastidio, perchè non sanno parlare e nemmeno capiscono il milanese, e poi han minga fa’ la guera; con lui, se non hai almeno quarant’anni o se non sai tirare il sette sponde e mettere giù almeno due birilli non giochi.
Giù ai tavoli c’è sempre una cappa di fumo che fa lacrimare gli occhi, ed impregna i vestiti ed anche la pelle che poi chi le sente le mogli e le madri e le fidanzate, vaffanculo a loro, sì anche alla mamma.
Però il Gino, anche dopo essere stato al tavolo per tre ore, quando indossa di nuovo la giacca ed imbraccia il borsello, profuma di Aqua Velva. Sarà per quello, che è un’autorità.