< City Lights. Kerouac Street, San Francisco.
Siediti e leggi un libro

     

Home
Dichiarazione d'intenti
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

Talk to me: e-mail

  • Blogroll

  • Download


    "Greetings from"

    NEW!
    Scarica "My Own Private Milano"


    "On The Blog"

    "5 birilli"

    "Post sotto l'albero 2003"

    "Post sotto l'albero 2004"

    "Post sotto l'albero 2005"

    "Post sotto l'albero 2006"

    "Post sotto l'albero 2007"

    "Post sotto l'albero 2008"

    "Post sotto l'albero 2009"

    "Post sotto l'albero 2010"


    scarica Acrobat Reader

    NEW: versioni ebook e mobile!
    Scarica "Post sotto l'albero 2009 versione epub"

    Scarica "Post sotto l'albero 2009 versione mobi"

    Scarica "Post sotto l'albero 2010 versione epub"

    Scarica "Post sotto l'albero 2010 versione mobi"

    Un po' di Copyright Creative Commons License
    Scritti sotto tutela dalla Creative Commons License.

  • Archives:
  • Ultimi Post

  • Posta inviata
  • Per gemmazione
  • In and out
  • Per poter riderci sopra, per continuare a sperare
  • Sfumando
  • Srebrenica, 11 luglio
  • Gabo, e mio papà
  • “Vero?”
  • Madeleine
  • Scommesse, vent’anni dopo
  • May 2008
    M T W T F S S
     1234
    567891011
    12131415161718
    19202122232425
    262728293031  

     

    Powered by

  • Meta:
  • concept by
    luca-vs-webdesign

     

    25/05/2008

    Camper

    Filed under: — JE6 @ 09:04

    Magari mi sbaglio, ma ho l’impressione che una parte non irrilevante della blogosfera (!) che ero uso frequentare si sia trasformata in una compagnia di giro che, come la carovana del Tour de France passa da Pau a Hautacam e da Lanemezzam a Foix e da Lavelanet a Narbonne, si sposta da un ActionCamp ad un BarCamp Matera, da un I Word Camp ad un MicroCamp, da un LitCamp ad un CampCamp. Con la differenza che, mentre la carovana del Tour de France dopo tre settimane arriva a Parigi e lì si ferma, quella dei barcamper nostrani è instancabile – forse perchè al posto dei canonici giorni di riposo sostituisce opportuni pit stop sotto forma di aperitivi organizzati da riviste o più pensose conferenze culturali.
    Sia chiaro: qui non ci si ritiene migliori rispetto a chiunque altro nell’impiego del proprio tempo, sia esso lavorativo o libero – basti pensare alle molte centinaia di ore passate con la schiena china su un tavolo verde nel tentativo spesso vano di abbattere piccoli birilli con una biglia comandata da una stecca di alluminio.
    E’ che leggendo le cronache semiserie di questi eventi mi sono fatto l’idea che essi abbiano perso – se mai l’hanno avuto – quasi ogni tipo di “contenuto”, se si fa eccezione per quello alcoolico. Esagero, naturalmente: ma al ritmo di un BarCamp a settimana, spesso frequentato in larga misura dalle stesse persone, mi chiedo alla fine di cosa si possa parlare se non del più e del meno. E’ un po’ come dire una parola, una qualsiasi, e poi ripeterla per cento o mille volte di fila: alla fine si riduce ad un ammasso di vocali e consonanti senza più senso. Le marche e i marchi, come quelli che fanno il mio mestiere sanno sin troppo bene, per avere un valore devono essere, avere e comunicare un’esperienza: quale sia l’esperienza dei BarCamp nostrani, a me che sto diventando sempre più unsocial, sfugge quasi completamente – e chissà se c’è qualcuno che ha voglia di spiegarmela.