Formiche
Pare impossibile, ma anche nei centri commerciali ci sono zone franche, tranquille, piccole oasi di silenzio, nelle quali fermarsi non per riposare, ma piuttosto per guardare il mondo mentre si dedica ad acquistare qualunque cosa il Mercato metta a disposizione.
E’ un’esperienza emozionante, soprattutto se si pensa che è come guardarsi allo specchio, moltiplicato per qualche migliaio di volte.
Oggi ero lì, a godermi cinque minuti di relax in attesa che mia figlia sbrigasse la pratica di cavalcare un elefante rosa. C’erano tutti: i sedicenni ispidi, le cinquantenni grasse, i siciliani in gita di famiglia, i bauscia con le scarpe grosse, i bimbi impauriti, le ragazzine con l’ombelico scoperto, gli ex-yuppies con la cravatta arancione, le mamme che tra un’ora si va a catechismo, le nonne piegate dall’artrosi, i nonni che vorrebbero essere al bar invece che a spingere un carrello colmo di acquaprimula.
C’erano proprio tutti, sì. E tutti, in cuor loro, convinti di essere degli individui con un tocco di particolarità, capaci di essere unici nel pensiero e nelle azioni, fieri difensori dell’Io.
C’erano proprio tutti, sì. E tutti a seguire gli itinerari tracciati sul pavimento con piastrelle di diverso colore, tutti in fila ad entrare ed uscire dagli stessi negozi, tutti a bere lo stesso caffè, tutti a mangiare lo stesso gusto di gelato, tutti a comprare un pacchetto di chewing-gum mentre fanno la coda alla cassa della coop, tutti a guardare le stesse scarpe rosa e le stesse maglie verde mela, tutti a mangiare la stessa pizza al trancio. Tutti. Il paradiso terrestre dell’uomo del mass marketing.
C’erano proprio tutti, sì. C’ero anch’io.