E le stelle si fanno guardare (San Lorenzo)
E’ passata la mezzanotte, e il ponte della nave è una teoria di sacchi a pelo e lattine di birra e luci azzurre. L’aria è ancora calda, una bambina piange stremata dalla stanchezza, un uomo in divisa entra nell’ascensore che porta ai garage mascherando uno sbadiglio; i bidoni traboccano di piatti di plastica e tovagliolini di carta, su una mensola qualcuno ha lasciato – forse dimenticato – una bottiglia di vino rosso accuratamente tappata per non perdere quel quarto di litro avanzato. Quattro amici giocano a carte, due ragazze parlano fitto tenendo le gambe raccolte e strette all’altezza delle ginocchia. In lontananza si intuisce la costa di questo mare stretto, e sopra la terra balla tremulo l’alone di luce che anche in piena notte non lascia mai i luoghi dove vivono gli uomini, le loro strade, i loro balconi, i loro giardini, i loro tetti. Un ragazzo si appoggia alla ringhiera, sembra misurarne l’altezza – giusto sotto l’ultima costola – e guarda, guarda il pavimento blu costellato di piccole pozzanghere e salvagenti arancioni e sedie bianche, guarda il nero del mare e guarda il suo rumore, lo fissa, lo studia, lo ascolta. Il ragazzo alza poi la testa, lentamente, guarda verso il cielo non meno scuro del mare, guarda il milione di stelle che possono essere viste a occhio nudo, senza sforzo e senza pena, le guarda con una calma lenta, come gli stanno insegnando a fare giorno dopo giorno, le guarda e basta, con la testa vuota, con la testa svuotata da ansie e trasporti, le guarda e ricorda che quella è – che quella dovrebbe essere – la notte delle stelle cadenti, e sa che da qualche parte qualcuno le sta certamente vedendo e domani lo racconterà garrulo o commosso, ma qui, in questa notte scura sul mare stretto e caldo le stelle stanno ferme, a essere guardate, perché per i desideri c’è tempo, c’è un altro tempo che non è questo.