The oyster is my world
Io faccio un lavoro che, spesso, guarda alle persone come insiemi. Insiemi di persone, si intende. Target, si chiamano. Il target delle donne che lavorano, il target degli altospendenti che amano lo sport, il target dei sostenitori di cause benefiche. Potrei andare avanti per un paio d’ore. A volte mi capita di parlare di questa cosa con amici, con qualcuno che “non è del giro”; nove volte su dieci, se appena appena questo qualcuno capisce – anche vagamente – di cosa sto parlando, reagisce con qualcosa che suona come “ma dai, ma ognuno è diverso dall’altro, guarda noi due, a tutti e due piace [inserire nome di scrittore o gruppo musicale a piacimento] eppure quanto siamo diversi“. E io ogni volta provo a spiegare che sì, lo so, siamo diversi. Ma alla fine abbiamo – volenti o nolenti – molte più cose che ci accomunano di quante non ci rendono diversi, in barba al nostro crederci isole nell’oceano della solitudine: usi, costumi, tradizioni, programmi televisivi, luoghi dove beviamo l’aperitivo, squadre di calcio per le quali tifiamo, regioni dove andiamo in vacanza, e così via. Poi aggiungo che tutti – tutti – facciamo l’errore di considerare il nostro microcosmo come rappresentativo dell’universo mondo, e butto lì la domandina “quanti numeri hai in memoria nel telefono? quanti indirizzi hai nella tua rubrica di posta elettronica?” e tutti – io per primo, eh – si rendono conto che ommadonna, e io che pensavo di conoscere un sacco di gente, e poi invece arrivo a, boh, due-trecento, e di questi ne sento forse venti o trenta, poi quando ci troviamo con i colleghi a bere il caffè e si parla, ad esempio, di politica me ne vengo fuori a dire mah, da quel che sento in giro [inserire pronostico a caso] e quel che ho sentito in giro alla fine è quel che pensa il vicino di casa con il quale percorro il pezzo di strada dal portone alla fermata della metropolitana – tutto questo per dire che ho imparato da un pezzo a non fidarmi mai delle opinioni della gente, a non basarci mai sopra una mia opinione, a non sentirmi svilito nell’essere considerato uno dei tanti, a pensare che i sondaggi – quelli del PresDelCons come quelli di una banca o di un produttore di automobili – sono di solito molto più affidabili della mia percezione del mondo.